
Esistono moltissime arti marziali e moltissime persone che le praticano per i motivi più svariati, ma quasi tutti -chi più chi meno- lo fanno anche per imparare a "
difendersi".
In diciannove anni di pratica marziale ho avuto modo di interrogarmi più volte su cosa vuol dire "difendersi", ed ho scoperto che è un concetto molto meno scontato di quanto può sembrare a prima vista.

Di solito "difendersi" viene inteso come
"difendersi da un'aggressione da strada", e questo presuppone un
combattimento.
Ma attenzione: non stiamo parlando di un incontro sportivo in cui i contendenti sono animati da semplice agonismo, riparati da protezioni, tutelati dal regolamento di gara e sorvegliati da un arbitro!
Un'aggressione da strada è qualcosa di più brutto, cattivo, sleale e (ovviamente)
pericoloso.

Questo dipende da alcune dinamiche molto particolari che caratterizzano la maggior parte delle aggressioni, e che derivano da un concetto quasi banale:
l'aggressore vuole fare del male alla vittima per ottenere un qualche beneficio, ma senza farsi male a sua volta.
Dobbiamo considerare allora che:
1 -
Chi subisce un'aggressione è stato "scelto" dall'aggressore. Evidentemente negli occhi dell'aggressore la potenziale vittima è abbastanza debole per permettere una facile vittoria.
2 -
L'aggressore cercherà di terminare lo scontro con un solo colpo o comunque nel minor tempo possibile, sfruttando tutti gli elementi a suo favore (sorpresa, armi, intimidazione, colpi sleali, ecc...). Non è corretto, e in molti casi nemmeno sensato, paragonare un'aggressione ad un combattimento sportivo.
3 -
In un'aggressione da strada non esistono colpi proibiti, e con ogni probabilità l'aggressore non si farà scrupolo di usare tutti i trucchi di cui dispone pur di raggiungere il suo scopo.
Molte arti marziali (soprattutto quelle tradizionali giapponesi) non insegnano questi principi, limitandosi ad insegnare delle tecniche (
"se l'avversario attacca in questo modo, rispondi in quest'altro modo"), per di più nobilitate da un'etichetta quasi cavalleresca. Questo avviene perchè in realtà quelle arti marziali
non sono state codificate con lo scopo di ottenere la massima efficacia in combattimento, ma per permettere ai praticanti di compiere un
cammino di crescita personale.
E qui possono nascere dei pericolosi equivoci.
Un grado elevato in un'arte marziale non significa necessariamente una buona probabilità di cavarsela in un'aggressione, ma può dare un
falso senso di sicurezza, che è molto pericoloso per il praticante.

Anch'io nutrivo questo falso senso di sicurezza quando ho iniziato a praticare
Wing Tzun, poi mi sono dovuto scontrare con le prime "prove" di combattimento libero senza limitazioni di colpi, dove sono stato
sconfitto più volte da avversari con molti meno anni di pratica rispetto a me.
E ho iniziato a imparare alcune lezioni importantissime, che riguardano il combattimento
reale:
1 -
In un combattimento non si può evitare di farsi male e di fare male all'avversario (a meno che non ci sia un'enorme differenza di abilità). Se un marzialista pensa di riuscire a controllare l'avversario senza fargli del male, o è Capitan America, o è uno sciocco.
2 -
Un combattimento può avere gravi conseguenze legali, psicologiche e sanitarie, anche se si vince. Prendere parte a una rissa o rispondere a un attacco in modo sproporzionato sono reati. Inoltre, in un combattimento senza regole contro un aggressore sconosciuto il livello di incertezza è altissimo e può succedere di tutto. Causare lesioni permanenti a un'altra persona può comportare gravi conseguenze a livello psicologico. Non solo: un naso rotto, una ferita o un morso sono eventi piuttosto comuni ed espongono al contatto con la saliva o il sangue dell'aggressore, che può essere anche malato.
3 -
Se devo combattere contro più aggressori, oppure se l'aggressore ha un'arma (bastone, coltello, bottiglia...) e io no, le mie possibilità di uscirne ragionevolmente incolume sono prossime allo zero. Per esperienza personale posso dire che praticamente tutte le tecniche di disarmo che ho praticato in passato sono completamente inefficaci se l'aggressore ha un minimo di esperienza nell'uso dell'arma (e verosimilente ce l'ha).
I coltelli, in particolare, sono semplicemente letali perchè essendo leggeri permettono movimenti molto veloci, inoltre allungano il raggio d'azione dei colpi quel tanto che basta per mandare fuori distanza un avversario disarmato, e soprattutto
tagliano.
Un paio di giorni fa il mio istruttore mi ha spedito via email alcune foto di un poliziotto americano accoltellato (fortunatamente sopravvissuto, anche se affettato come un cotechino). Qui sotto trovate i collegamenti. Occhio che fanno impressione.
-
Foto1-
Foto2-
Foto3Per tutti questi motivi
un combattimento da strada fa paura, quindi è sempre meglio evitarlo. Concetti come la difesa dell'onore o la dimostrazione della propria forza sono sciocchi ed autolesionisti. Per come la vedo io, se parliamo in termini di aggressioni da strada,
un combattimento evitato è un combattimento vinto.
Se comunque dovesse capitare un combattimento, è bene ricordarsi alcuni principi:
1 -
Colpire rapidamente, forte e nei punti vulnerabili. Se la vittima sente che la sua incolumità è in serio pericolo, non può permettersi il lusso di essere delicata o "corretta" nei confronti dell'aggressore.
2 -
Non concedere mai tregua all'avversario. Non permettere che si riprenda e si riorganizzi se per caso è stato colpito. Una volta che il primo colpo è arrivato a bersaglio, facilmente arrivano anche tutti i successivi. E' importante sfruttare ogni minimo vantaggio, senza sprecarlo inutilmente.
3 -
Cercare sempre di concludere il combattimento nel minor tempo possibile. L'aggressore probabilmente è più forte della vittima o, peggio ancora, potrebbe essere ubriaco o drogato. Più aumenta la durata del combattimento, più aumenta la probabilità di soccombere.
4 -
Evitare a tutti i costi di finire a terra. Le arti marziali specializzate nella lotta a terra usano ginocchiere imbottite o combattono su materassini, mentre lottare senza protezioni sull'asfalto equivale quasi a un suicidio.

Riassumendo questo lungo post: la lezione che ho avuto modo di imparare è che
fare davvero a botte fa male, ed è molto meno divertente di quanto possa sembrare in palestra o su un ring, e per questo va evitato finchè possibile.
Concludo allora con uno dei grandi paradossi delle arti marziali, che ho iniziato a capire e a interiorizzare solo dopo aver sperimentato (fortunatamente in modo molto lieve) anche i lati più brutti del combattimento libero.
Le arti marziali si imparano per non doverle usare.
Personalmente sono dell'idea che l'allenamento serva soprattutto per saper riconoscere le situazioni critiche prima che sfocino in un combattimento, per permettere di gestire quelle situazioni senza farsi prendere dal panico e, in ultima analisi, per evitare di combattere.